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Sara Preceruti atterra a Milano: qui sarò libera di esprimere la mia creatività

La chef, premiata da Identità nel 2014, ha trasferito in città il suo Acquada. Piatti ambiziosi, lei dimostra il coraggio di osare

Il giorno in cui chi scrive conobbe per la prima volta la cucina di Sara Preceruti, successe un mezzo disastro. Lei era stata da poco premiata come ” Migliore Chef donna” dalla Guida Identità Golose 2014 e lavorava – vi aveva conquistato la stella Michelin a soli 28 anni – alla Locanda del Notaio di Pellio Intelvi, in provincia di Como, Alta Valle Intelvi: un posto lontano da tutto, il navigatore segnava poco meno di un’ora e mezza da Milano. Avviatisi in auto, ci si accorse però che il percorso consigliato passava per le autostrade svizzere, praticamente costeggiando il lago di Lugano fino a Bissone, Canton Ticino.

Era una sera di fine novembre, risultava parecchio seccante comprare il bollino autostradale elvetico – ora costa circa 35 euro, allora chissà – che ha validità annuale, praticamente non sarebbe stato più usato, dicembre era alle porte; così la scelta fu di non sconfinare, e metterci molto tempo in più, attraverso la lenta viabilità ordinaria tricolore; l’arrivo alla Locanda fu quasi alle 22, non proprio l’ora ideale per la cena, da quelle parti. L’accoglienza risultò comunque calorosa, il pasto ottimo

C’è un piatto che ci è rimasto nella memoria, da allora: Il gianduia veste rosso, diventato signature dish della chef, con merito, perché è dessert originale e stimolante, dominato dalle note aromatiche del peperone e del gianduia, appunto; l’abbiamo ritrovato qualche sera fa, a Milano. Perché la Preceruti, classe 1983 da Castello d’Agogna, a due passi da Vigevano, dopo aver lasciato Pellio Intelvi e aver aperto nel 2016 il suo ristorante Acquada a Porlezza, sempre nel Comasco ma ancora più fuori mano per noi un poco milanocentrici, dallo scorso 20 dicembre scorso ha trasferito l’insegna in città, in via Eugenio Villoresi 16, zona Sud-Ovest, due passi dal Naviglio Grande. I locali sono gli stessi occupati prima da Tano passami l’olio.

Da Il gianduia veste rosso allora ripartiamo, perché è piatto che esemplifica bene lo stile della Preceruti. Lei ama osare. Dal menu: rognone in tempura accostato a un sorbetto all’uva rossa e salsa al caffè; salmone e marron glacé; sushi di coniglio con alghe; tortellini con tartare di puledro; moscardini col pompelmo; piccione (compresi fegato e cuore, come ripieno delle coscette) e gelato al Sauternes… «Devo dire che proprio questa è la ragione che mi ha spinto a lasciare Porlezza (oltre a tristi questioni personali, ndr). Là dovevo molto limitarmi, la clientela è tradizionalista, facevo fatica a farmi capire, dovevo rifugiarmi nella comfort zone. Qui a Milano mi sento più libera di esprimere la mia cucina. Non vedevo l’ora. Voglio spingere molto di più».

Lei è libera anche perché sostanzialmente autodidatta, non ha una formazione a farle da appiglio ma anche da freno, «certamente studio le tecniche, mai gli stili. Né ho libri di ricette o di altri chef, perché penso che la mia mente non debba essere condizionata. Devo mettere me stessa in ogni piatto, con tutte le sfumature del mio carattere. Per questo gioco molto coi contrasti: perché sono fatta così». Segue una sola stella polare, il suo gusto: «Non mi pongo limiti, neanche nella provenienza dei prodotti. Propongo quello che mi piace, stop».

Sfida ambiziosa, non è nemmeno corretto pensare che Milano sia necessariamente la mecca della creatività totale, dà molto ma chiede molto e impone costi importanti; ma Sara ha i presupposti per far bene, è partita prudente – tre in cucina lei compresa, il sous è il giapponese Isao Sonoda, classe 1973; due in sala, guidata dall’attento maître Claudio Baggini, ambrosiano già a La Preséf della Fiorida, in Valtellina – ed è determinata a imporsi poco a poco. È tenace di natura.

 

Ed ora la nostra cena, nelle foto di Tanio Liotta.

Fonte: Identità Golose